La Processione di Sant’Agata a Catania
Per la processione di Sant’Agata, dal 3 al 6 febbraio, quasi un milione di persone si danno appuntamento a Catania per rendere omaggio alla santa. Tra questi c’è una marea bianca, sono i devoti con il “sacco”, tantissimi turisti che vengono da ogni parte del mondo e semplici curiosi.
Il sacco è l’indumento rappresentativo di ogni devoto ed è formato da un camice bianco, una scurzitta nera (cappello) ed una corda come cintura.
Il Sacco bianco, memore dei giorni in cui Sant’Agata fu riportata in patria catanese, dopo essere stata trafugata dal generale Giorgio Maniace a Costantinopoli, a testimonianza che i catanese scesero nelle strade per accogliere la propria Santa, in camice da notte bianco e cappellino nero, la corda invece è rappresentativa dei cordoni con i quali i devoti, trainano il fercolo di Sant’Agata.
E’ la terza festa religiosa più importante al mondo, dopo la Settimana Santa di Siviglia e la Festa del Corpus Domini di Guzco in Perù, proprio per il numero di persone che coinvolge e attira.
La festa è dedicata alla patrona di Catania, la giovane Agata che venne martirizzata e messa a morte nel III secolo d.C. a causa della sua fede cristiana dopo aver rifiutato il governatore romano Quinziano. Da questo gesto di ribellione, considerato eroico sia da cristiani che dai pagani, nacque il suo culto.
Per le strade e per i vicoli di Catania le protagoniste sono: la “vara” e i “cannilori”. La “vara”, danneggiata e ricostruita un paio di volte, è completamente in argento e poggi su un telaio in legno. Su di essa vengono trasportati in processione il busto-reliquiario della santa e lo scrigno contenente le sue reliquie. La “vara” è addobbata da garofani, il cui colore varia in base al giorno della processione: rossi il 4 e bianchi il 5. Al seguito della vara troverete i “cannilori”: 11 grosse costruzioni in legno in stile barocco con al centro un grosso cero e dal peso variabile fra i 400 e i 900 chili!
La Festa di Sant’Agata si svolge in 3 giornate intensissime di celebrazioni e processioni, ma i momenti più emozionanti sono il 4 e il 5 febbraio, in cui “a vara” attraversa tutti i quartieri di Catania.
La mattina del 3 febbraio una bella carrozza settecentesca, seguita da un’altra più piccola, sulle quali prendono posto il Sindaco e gli Assessori, per recarsi alla processione.
La sera del 3 febbraio abbiamo la festa con una cantata e un intenso sparo di fuochi d’artificio in Piazza Duomo, accompagnato dal forte scampanio delle campane della Cattedrale.
Il 4 febbraio abbiamo la Messa dell’Aurora, piazza Duomo è un tappeto umano.
Dopo la messa S.Agata viene portata fuori la Cattedrale e qui, dopo i fuochi d’artificio, inizia il cerimoniale della sistemazione dello Scrigno e del Busto Reliquiario sulla Vara, che si compie al suono della campana di S. Agata, posta nel campanile del Duomo.
Ha inizio il giro esterno della processione, si attraversa Porta Uzeda, dove ha inizio la tradizionale “Calata da’ marina”, cosiddetta perchè fino al 1866 quella strada era lambita dal mare.
Il giro prosegue per Via Dusmet, Via Vittorio Emanuele, Piazza dei Martiri, Viale Della Libertà, Piazza Jolanda, Via Umberto, sino ad arrivare in Piazza Stesicoro e procedere per La salita dei Cappuccini nei pressi in cui si consumò il suo Martirio.
La Santa viene fatta sostare lungamente a Piazza Stesicoro a fianco dell’Anfiteatro Romano e un prelato rievoca il significato liturgico del Martirio di Agata, ha inizio la salita dei Cappuccini che costituisce, assieme alla salita di San Giuliano (sera del 5 febbraio) e all’entrata in Cattedrale (la mattina del 6 febbraio) uno dei momenti più spettacolari dei festeggiamenti.
Il fercolo viene trainato di corsa in salita dai devoti e in questo tragitto passa innanzi alla Chiesa della Fornace, dove S. Agata subì l’ultimo Martirio e alla Chiesa del Santo Carcere, dove rese l’anima a Dio.
Nel pomeriggio si riparte per la Via Plebiscito. Dopo aver percorso Via Vittorio Emanuele, Piazza Risorgimento, Via Aurora e Via Palermo si arriva a piazza Palestro, dove si svolge uno spettacolare fuoco pirotecnico. Quindi, dopo aver percorso via Garibaldi, via Plebiscito, via Dusmet, si arriva in Piazza Duomo, dove si conclude la prima giornata della festa.
Il 5 febbraio il giro interno ha inizio intorno alle 17.00 del pomeriggio.
All’uscita del busto reliquiario, ricominciano a suonare le campane, rimbombano per l’aria i fuochi d’artificio.
S. Agata si avvia ad affrontare l’ultima serata dei festeggiamenti: via Etnea, vista da Piazza Duomo, col poderoso gioco di luce prodotto delle luminarie, appare un lungo infinito tunnel per arrivare a piazza Cavour, dove si trova la chiesa di S. Agata al Borgo, costruita in occasione dell’eruzione del 1669. Poi ci si avvia per il ritorno lungo la discesa di via Etnea.
All’incrocio con la via di Sangiuliano altra lunga sosta. Si è in attesa di affrontare “a ‘nchianata di Sangiuliano” che è il momento più suggestivo ma anche il più faticoso di tutto il percorso.
In via Crociferi inizia una lunga fase di riflessione e di preghiera. La via Crociferi era, ed in parte è ancora, sede di monasteri e di chiese: una vera e propria “via Sacra”. Per tale motivo dal settecento in poi, è tappa obbligatoria nella processione agatina. Qui riceve l’omaggio delle monache benedettine che dalle grate delle finestre dell’antico monastero cantano inni alla Santa.
Arriva infine in via Garibaldi. Da qui il trionfale rientro in Cattedrale. E’ il momento della chiusura, ma anche delle grida quasi disperate dei devoti più fervidi, poichè è arrivato il momento di separarsi da Sant’Agata.
Festa di Santa Rosalia a Palermo
La Festa di Santa Rosalia (lu fistinu in siciliano) si svolge nel mese di luglio a Palermo. Nel 1624 nella città di Palermo, martoriata dalla peste la popolazione si affidava invano alle sante protettrici della città e dei quattro mandamenti cittadini: Sant’Agata, Santa Cristina, Sant’Oliva e Santa Ninfa.
Durante questa crisi, secondo la leggenda, l’allora poco nota Santa Rosalia apparve ad un saponaio di nome Vincenzo Bonello, indicando l’ubicazione delle proprie spoglie e ingiungendo che solo se i propri resti fossero stati portati in processione la peste sarebbe terminata. Nella grotta indicata dalla visione vennero trovate 27 reliquie e il giorno 15 luglio l’arcivescovo seguito da tutto il clero, dal senato palermitano e da alcuni cittadini eminenti fece una processione attraverso le strade della città con le reliquie della santa. In pochi giorni la città venne liberata dalla peste. Dal 1625 la Chiesa autorizzò il culto, anche se Rosalia venne proclamata Santa soltanto il 26 gennaio 1630. Per i palermitani Santa Rosalia è chiamata “La Santuzza”.
La Festa di Santa Lucia a Siracusa
Il 13 dicembre Siracusa celebra la patrona Santa Lucia. La statua della santa viene trasportata in lenta processione dal Duomo alla chiesa di Santa Lucia al Sepolcro; il corteo è seguito da una carrozza settecentesca con personaggi in costume.
La settimana successiva, il corteo compie il percorso inverso e la statua della santa patrona, portata a spalla dai berretti verdi della confraternita dei falegnami, ritorna nella cattedrale. La festa è accompagnata dalla tradizionale fiera, che si svolge dal 12 al 20 dicembre.
Settimana Santa di Barrafranca
A Pasqua, il Mercoledì Santo si può assistere alla “Vasacra”, cioè la Via Crucis, allestita sotto forma di teatro itinerante, che viene seguita con commossa ed attenta partecipazione di pubblico.
Più radicata nella tradizione popolare è la solenne processione del Venerdì Santo, detta “U Trunu”, durante la quale numerosissimi portatori, con immane sforzo, portano il fercolo del Crocifisso.
La Domenica di Pasqua ha luogo la Giunta, ovverosia l’incontro tra la Madonna e il Cristo Risorto; caratteristiche sono le figure degli apostoli, alti santoni con le teste di legno scolpito che animano la sacra pantomima.
“U Trunu” (Il Trionfo) è una processione molto sentita dai barresi che ogni anno nel giorno del Venerdì Santo viene portato a spalla dai fedeli attraverso le strade del centro storico. ”U Trunu” è ricoperto da bianchi veli e da coloratissimi fiocchi. Nel corso della processione innumerevoli persone si accalcano per essere portatore de “U Trunu”.
Singolare caratteristica rispetto alle altre manifestazioni presenti nell’Isola è che a tale manifestazione tutti possono partecipare liberamente, contribuendo a rendere la processione aggregante e coinvolgente per l’intera cittadinanza. Senza regole la folla dei fedeli si amalgama per il viaggio insieme a quella dei portatori sino a diventare un tutt’uno con essa.
IL REI (Registro Eredità Immateriali) nell’ambito del programma “Identità e Futuro” ha inserito nel Libro delle celebrazioni della Regione Siciliana, l’antica manifestazione Folkloristico-Religiosa “Giunta Pasquale” e “U Trunu” del Venerdì Santo di Barrafranca.
Festa di San Michele a Caltanissetta
San Michele Arcangelo venne eletto patrono della città nella prima metà del ‘600.
Nel 1624 in Sicilia scoppiò un epidemia di peste, e a Caltanissetta, come in altri paesi dell’entroterra siciliano, si temeva che questa potesse giungere fino in città.
Siamo nel 1626, la città in quel tempo era cinta da mura e si cercava in tutti i modi di non fare entrare forestieri che potessero portare la malattia, ma un uomo infetto da peste cercò di entrare in città attraverso una porta in via delle Calcare, presso la contrada Sallemi.
Nello stesso tempo, ad un frate cappuccino, fra’ Francesco Giarratana, che si trovava nel convento sito in contrada Pigni (oggi viale Regina Margherita), luogo da cui era visibile la contrada Sallemi, ebbe la visione dell’Arcangelo Michele che con una spada spingeva l’uomo infetto, che stava già entrando in città, a tornare indietro. Anche gli altri religiosi affacciatisi da una finestra del convento videro questa figura dalle sembianze di un soldato.
San Michele riapparve poco dopo a fra’ Giarratana dicendogli che la città era stata salvata, per suo merito, dalla peste, e che voleva essere venerato dalla città come protettore.
Fra? Giarratana raccontò tutto al clero e ai magistrati dicendo che San Michele voleva essere riconosciuto protettore di Caltanissetta. A conferma del miracolo, fu il ritrovamento dell’appestato proprio alle porte della città, presso una grotta. Fu così che il clero, le autorità politiche e il popolo proclamarono San Michele protettore della città. Iniziò così il culto per l’Arcangelo San Michele, infatti presso quella grotta venne costruita una piccola cappella, che venne poi ampliata nel 1837.
La costruzione della statua del Santo Protettore venne affidata alla scultore Stefano Li Volsi da Nicosia che, secondo alcuni studiosi, trasformò un’opera incompiuta raffigurante l’Angelo Custode nella figura di San Michele.
Ai nostri giorni si svolgono due feste in onore di San Michele. La prima si svolge l’8 maggio in memoria dell’apparizione. In questo giorno la statua del Santo Patrono, che si custodisce tutto l’anno in Cattedrale, esce in processione verso il santuario a lui dedicato, in contrada Sallemi (un tempo zona suburbana). La statua rimane lì per qualche giorno, per poi ritornare in Cattedrale.
La seconda festa si svolge il 29 settembre, giorno liturgico. Dopo il solenne pontificale celebrato dal Vescovo, la statua viene portata in processione lungo le vie del centro. Durante lo svolgersi della processione un devoto grida: – E gridammu tutti! (E gridiamo tutti) e tutti gli altri rispondono: – Viva lu prìncipi San Micheli Arcangilu ! (Viva il principe San Michele Arcangelo).
La processione termina con i tradizionali fuochi d’artificio.
La Festa di San Calogero ad Agrigento
La festa si svolge la prima settimana di luglio. I fedeli più devoti, durante i festeggiamenti, sono soliti osservare il dijunu addumannatu, digiuno interrotto soltanto dal pane ricevuto in elemosina. Un evento di grande richiamo durante i festeggiamenti è la cosiddetta tammurinata di San Calò, i devoti, riuniti in cerchio, percuotono i tamburi in una gara per le strade del paese.
Durante la festa vera e propria il simulacro del Santo viene trasportato dai fedeli per le strade, mentre dai balconi vengono lanciati i muffoletti, pani votivi simbolo di abbondanza.
La Festa di San Giovanni Battista a Ragusa
Il patrono di Ragusa superiore viene festeggiato il 29 agosto. Questa festa è intrisa di riti e usanze originali. Durante la vigilia si mangiano fave fresche, che simboleggiano i peccati perdonati. Le ragazze sono solite raccogliere i ciuri San Giuanni, fiori che vengono poi piantati all’aperto mentre vengono recitate diverse preghiere per chiedere a protezione del santo. Infine, si usa raccogliere la puleggia, ma pianta odorosa che viene conservata al buio e trapiantata nel presepe con ‘auspicio che rinverdisca.
Festa della Madonna della Lettera a Messina
Il 3 Giugno, è la Festa della Madonna della lettera, patrona della città di Messina. La tradizione narra che dopo la predicazione di S.Paolo a Messina, alcuni ambasciatori della stessa città, andarono insieme a Paolo a Gerusalemme, per rendere omaggio alla “mater Salvatoris”.
Siamo nel 41 D.C. La Vergine Maria, grata alla sensibilità dei Messinesi giunti ai suoi piedi, inviò tramite loro una lettera dedicata alla città di Messina e ai suoi abitanti. La Vergine si proclamò protettrice della città di Messina e legò la lettera con una ciocca dei suoi capelli.
La processione dei Misteri di Trapani
In epoca medievale, si era soliti rappresentare episodi di fede tratti dall’Antico e dal Nuovo Testamento, col nome “mistero” si voleva rendere ancora più mistico l’evento. Da qui trae origine anche la secolare ma sempre attuale “Processione dei Misteri” di Trapani.
Sin dal XV secolo in Spagna il cosiddetto “teatro de los misterios”, rappresentava
al popolo cattolico queste scene in processione. Durante la dominazione iberica (dal 1412 al 1713), queste tradizioni di forte impatto popolare s’affermarono anche in Sicilia.
Un dato storicamente accertato è che fino al 1594, a Trapani, non v’era traccia d’alcuna cerimonia per il Venerdì Santo eccezion fatta per l’ormai scomparsa Processione delle Marie che, fra i riti religiosi dell’epoca, è quanto di più simile ai Misteri si possa ritrovare.
Da quasi quattro secoli la “Processione dei Misteri” a Trapani, nel giorno del Venerdì Santo, continua ad appassionare un’intera popolazione riproponendo tradizioni centenarie che affondano le loro radici nella storia mediterranea e spagnola in particolare.
La Passione e la Morte del Cristo sono state artisticamente rappresentate in venti raffigurazioni scultoree. È la visione d’insieme che rende unica ognuna di queste raffigurazioni. Ogni statua, infatti, è stata collocata su una base di legno chiamata “VARA”.
I diciotto gruppi statuari, insieme con i simulacri di “Gesù nell’Urna” e de “L’Addolorata” che chiudono la Processione, rappresentano i vari stadi della Via Crucis con tutti i personaggi che, secondo il Vangelo, in quel momento accompagnavano il Cristo.
L’arte dei Mastri Artigiani Trapanesi che realizzarono i venti gruppi della processione però, non si limita solo alla fattura delle statue e dei personaggi, ma si estende anche ai preziosi intagli che impreziosiscono alcune vare con le riproduzioni di putti, di vedute della città di Trapani ed anche dei simboli dei vari ceti d’appartenenza.
Se da 400 anni i gruppi statuari sono sempre gli stessi, ciò che cambia in ogni processione è il loro addobbo floreale. Le statue vengono impreziosite con antichi manufatti d’argento di stupenda fattura. Anche il gioco di luci ed ombre è particolarmente curato in modo da rendere ancora più reali le movenze di dolore e sofferenza che gli artigiani trapanesi hanno saputo immortalare nei volti delle antiche statue.
Dignitari di quest’antico sapere sono i “CONSOLI”, ovvero i volontari che con passione ed abnegazione s’assumono tutte le responsabilità relative all’addobbo ed alla conduzione d’ogni singolo Mistero. I Consoli eleggono il “CAPOCONSOLE” che è sicuramente uno degli incarichi più ambiti in tutta l’organizzazione.
Come detto, la Processione dei Misteri, che dura quasi ventiquattro ore, è interamente trasportata “a spalla” per le vie cittadine. Ogni gruppo statuario viene sollevato e condotto da non meno di dieci uomini chiamati “MASSARI “. Organizzati in “SQUADRE”, una per ” ogni Mistero, i massari si muovono in sincrono ai comandi del “CAPORALE”, ovvero il massaro che ha il compito più ambito di tenere in mano la “CIACCULA”.
Due pezzi di legno larghi quanto una mano, fissati ad un’estremità con due cordicelle, ad un terzo pezzo di legno munito di manico che, agitato dal caporale, produce un caratteristico suono simile alle “troccole” o alle “castanuelas” spagnole.
A suon di musica si svolgono le cosiddette “BATTUTE”, ovvero il periodo nel quale ogni Mistero viene annacato al ritmo di una marcia funebre. Durante una battuta, od anche durante una sosta, il gruppo statuario può essere girato verso uno specifico spettatore che assiste ai lati della processione, il quale, lusingato da questa “VUTATA” o “ATTUNNIATA”, non potrà che ricambiare il gesto dei massari con una generosa offerta chiamata “PICACCIA”.
Col trascorrere degli anni, anche i costumi dei processionanti e le divise dei massari hanno subito cambiamenti. In origine, i massari vestivano le cosiddette “CASACCHE”: lunghi grembiuli di colore blu o grigio ai quali s’è aggiunto anche un caratteristico basco con ponpon. Tuttavia, oggi, non è raro vedere i portatori in eleganti uniformi. A completare la coreografia di ogni gruppo, ci sono poi i “FIGURANTI”, ovvero i devoti in costume che con ceri ed altro, prece-dono la vara. Una delle più recenti modifiche in merito, risale a qualche anno fa, quando, per espressa volontà dell’attuale Vescovo fu abolita dalla Processione la figura degli “INCAPPUCCIATI “.
Per quanto riguarda, invece, gli accompagnamenti musicali che, come detto, sono parte integrante di questa manifestazione, i piccoli gruppi di cinque o sei cantori che anticamente accompagnavano ogni gruppo, intorno al 1800 sono stati gradualmente sostituiti dai corpi bandistici. II repertorio classico eseguito dalle varie bande musicali è semplicemente noto ai trapanesi come” a musica ri Misteri”, ma tra gli spartiti si notano autentici brani d’autore. Tra le tante marce, lente e profonde, riconoscibili dagli appassionati sin dalla prima nota, ricordiamo: “A.VELLA”; “POVERO FIORE”; “A CATANISA”; “MARCIA FUNEBRE DI CHOPIN”; “JONE”; “A LOMBARDO”; “FATALITA”. AI suono di queste gravi melodie, si svolgono anche i due momenti più toccanti dell’intera processione: la “NISCIUTA” ovvero l’uscita e la “TRASUTA” e cioè l’entrata. Sono i due momenti di saluto ai fedeli da parte dei Gruppi Sacri: il primo avviene, quando il gruppo esce dalla Chiesa dove ha riposato per un anno intero, il secondo, invece, al termine della processione, durata quasi 24 ore, quando il gruppo ritorna nella stessa Chiesa dove sarà conservato fino al successivo Venerdì Santo.
È anche molto suggestiva la preparazione alla Processione dei Misteri, caratterizzata dalle cosiddette “SCINNUTE”, un rito che risale al 1600. In pratica, nei sei venerdì di quaresima ognuno dei Sacri Gruppi, accompagnato dalla banda musicale, viene disceso (scinnuto) dalla nicchia dove ha riposato durante tutto l’anno e condotto verso l’altare dove verrà celebrata la S.Messa.